Mirmica riconosce nell’espressione artistica uno strumento per promuovere la bellezza e il benessere delle persone, delle organizzazioni e della società.

Consideriamo, in modo affine a J. Dewey, che l’esperienza estetica sia in perfetta continuità con la vita di ogni giorno, con la vita di ognuno, ovunque essa si manifesti e in qualsiasi forma, nella ricerca personale o professionale, in ambito amatoriale o professionistico, nella solitudine di un individuo oppure nella socialità di un gruppo, di un'organizzazione, di una comunità.

Le pratiche e le modalità di azione di Mirmica non si identificano con tecniche o nozioni valide per tutti i progetti, le persone e i contesti organizzativi e territoriali coinvolti ma con una serie di principi di fondo che caratterizzano ogni suo intervento.

Mirmica è alla ricerca continua di esperienze che possano nascere a partire dal dialogo con le persone, i gruppi, le comunità, altre organizzazioni. Crediamo infatti che ogni situazione sia portatrice di caratteristiche che devono essere valorizzate e preservate nel loro essere uniche e specifiche e che Mirmica debba quindi mantenere un’identità flessibile e una vocazione alla collaborazione e alla condivisione.
Per questo non ci identifichiamo in uno o più modelli di intervento validi per tutte le occasioni, ma cerchiamo innanzitutto di attivare un dialogo che permetta ogni volta di definire gli obbiettivi comuni, le strategie e le pratiche da mettere in campo.
Lavorare in situazioni complesse e delicate ci ha fatto via via comprendere che innovare a partire dalle specificità vuol dire anche lavorare a partire dal limite: il limite come confine da superare, sì, ma anche il limite come risorsa da custodire.

In una cultura segnata dalla dicotomia fra "mente" e "corpo", fra "ragione", "estetica", "affetto", proviamo a dare il nostri contributo a integrare le dimensioni dell'esperienza e ai campi di valore ad esse connesse.

Per questo Mirmica promuove metodologie e pratiche che mettano le persone in formazione al centro del processo di apprendimento, coinvolgendole in modo attivo, sensato, autonomo e creativo nella definizione e nella realizzazione del proprio percorso. Pensiamo infatti che la conoscenza e l’azione siano strettamente intrecciate e sviluppiamo percorsi con una forte componente laboratoriale che intreccia corpi, sensi e ragioni. Crediamo che le metodologie attive, se sviluppate nel contesto del rispetto dei desideri personali e di gruppo, permettano di costruire conoscenze più solide, un sapere integrato alle proprie caratteristiche personali, uno rafforzamento delle competenze trasversali. A tutte le età.

Le più importanti innovazioni spesso accadono dove le pressioni produttive trovano uno spazio per allentarsi e si può aprire uno spazio e un tempo di ricerca guidato dalla curiosità, dal piacere o dall’emersione di necessità o desideri inaspettati.
Accade così per le grandi innovazioni scientifiche e tecnologiche ed è così anche per quelle che riguardano la sfera artistica, personale, sociale, comunitaria.
Coltivare lo spazio dell’inutile è contribuire a costruire pratiche e ambienti di sperimentazione dove possano emergere nuove idee, risorse, modalità espressive, significati.

Nel campo della ricerca artistica per noi questo è provare a sostenere percorsi embrionali, che si trovano al di fuori degli schemi produttivi.

In contesti che vivono pressioni molto forti e procedure altamente standardizzate, come può accadere in alcune aziende e organizzazioni, coltivare lo spazio dell’inutile diventa un mezzo per darsi il tempo per ripensare a se stessi, sviluppare l’immaginazione ed elaborare un modo diverso di fare le cose.


In contesti a rischio di esclusione sociale, dove ‘l’essere inutili’ è una condizione imposta dal disagio personale e dal sistema sociale, coltivare lo spazio dell’inutile diventa anche rivendicare il valore che alcune esperienze possono offrire alla società e al suo benessere, superando una visione rigida dell’assistenza.


In tutti i casi, si tratta di creare un contesto che metta al centro le visioni più periferiche, escluse dal campo del già noto. Là dove qualcosa di importante può manifestarsi.

Mirmica cerca di realizzare progetti che possano durare stabilmente del tempo, oppure avere ricadute di lungo termine, e che possano contribuire a creare e a rafforzare le connessioni che tengono insieme, anche nel conflitto, le singole persone, i gruppi, le organizzazioni e le società.
Pensiamo che le prospettive di innovazione e cambiamento possano emergere al meglio soprattutto quando si riesce ad agire, in modo interconnesso, sui diversi piani.
Sia che si lavori con una singola persona che con un’organizzazione, sappiamo di essere soltanto una componente di una storia molto più grande e molto più importante di noi.
Noi possiamo essere, con tutti i nostri attrezzi, un piccolo elemento che può contribuire a svilupparla e aiutarla a raccontarsi.

Diamo molta importanza alla riflessione sulle pratiche che stiamo mettendo in atto e alla loro esplicitazione. Abbiamo elaborato una serie di principi di fondo del nostro agire derivandoli dall’esperienza, dagli scambi di formazione portati avanti in questi anni con i nostri partner internazionali e con i modelli e le epistemologie elaborate in campo scientifico e umanistico. Sappiamo però che questa pratica riflessiva è importante proprio se non si congela, se rimane viva ed è pronta a mettersi sempre in discussione. Oggi siamo qui.